Nessuna pensa che possa succedere a noi e invece eccolo lì, nero su bianco: il licenziamento. Il datore di lavoro può, per necessità o per altri motivi, ricorrere a questa decisione, ma occorre specificare innanzitutto che ci possono essere numerose variabili relative a questa decisione e che in base a questa c’è un iter corretto da seguire.
Il licenziamento per giusta causa è una decisione che l’azienda può prendere solo e quando può dimostrare con prove inconfutabili che il lavoratore ha tenuto comportamenti scorretti e lesivi nei confronti dell’azienda, come il furto o lo spionaggio. In questi casi, c’è poco da fare, anche con un buon avvocato al proprio fianco. Chi sbaglia in questo senso è tenuto a prendersi le proprie responsabilità.
Diverso è invece il caso di licenziamento per causa ingiusta, che può avvenire quando il lavoratore subisce il licenziamento senza che ci siano i presupposti giuridici per farlo. Questo tipo di licenziamento può essere preceduto dal mobbing o da minacce esplicite da parte del datore di lavoro e allora, in questo caso, il lavoratore ha diritto di tutelarsi e può chiedere a un legale di rappresentarlo in giudizio per difendere i propri diritti di lavoratore.
Il primo sentimento che si prova a seguito di un licenziamento è lo sconforto, la paura e la preoccupazione per aver perso il proprio lavoro e di non riuscire a trovarne un altro, soprattutto se il lavoratore si trova in età quasi avanzata. Se la colpa è stata del lavoratore e il licenziamento è avvenuto per giusta causa, altro non resta da fare che rimboccarsi le maniche e cercare altre possibilità lavorative.
Se invece il licenziamento è avvenuto per motivi ingiustificati, oppure se il lavoratore ha subito mobbing, minacce e intimidazioni, la prima cosa da fare è quella di rivolgersi a un buon avvocato, che possa difendere i diritti del cittadino e aiutare il lavoratore a riconquistare il posto perduto. La scelta dell’avvocato è fondamentale; dovrà essere un professionista di fiducia a cui raccontare la propria storia lavorativa a cui affidarsi per far valere i propri diritti.
Certo, rivolgersi a un avvocato ha il suo costo, ma è bene ricordati che le diverse organizzazioni sindacali presenti sul territorio offrono ai loro iscritti un’assistenza legale a costi contenuti. In questo modo sarà possibile andare fino in fondo con la propria battaglia legale senza spendere una fortuna per pagare la parcella dell’avvocato.
In ogni caso, in attesa di sapere quale sarà l’iter legale che dovrete affrontare, rivolgetevi al Centro per l’Impiego più vicino a voi e informatevi su quali sono le eventuali forme di sussidio che potete ottenere. In secondo luogo, puntare su un nuovo reinserimento lavorativo è fondamentale, soprattutto nell’ottica in cui la causa legale vada male e non abbiate diretto al reinserimento presso il vostro vecchio posto di lavoro.
Dopo lo sconforto iniziale, inoltre, è bene conoscere quali sono i propri doveri e i propri diritti e sapere che, soprattutto dopo l’introduzione del Jobs Acts sono cambiati alcuni aspetti giuridici che riguardano l’indennità di cui il lavoratore licenziato ha diritto di ottenere, a prescindere da quale sia la sua situazione lavorativa e quale sia stato il motivo del licenziamento.
L’indennità prevista dal licenziamento: le modifiche del Jobs Act
L’istituto che regola il licenziamento è da poco cambiato per effetto del Jobs Act, entrato in vigore nel marzo del 2015, e i cambiamenti che questa riforma ha apportato si riferiscono ai lavoratori che si sono visti modificare il proprio contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato. Lo stesso vale per il contratto di apprendistato e per chi ha sottoscritto un nuovo contratto di lavoro.
Con il Jobs Act si è modificata anche l’indennità di licenziamento, una somma che il lavoratore licenziato ha diritto a ricevere sia nel caso in cui sia stato licenziato per giusta causa, sia nel caso in cui sia stato allontanato dal posto di lavoro per motivi discriminatori o per cause ingiustificate. Ma vediamo i singoli casi nel dettaglio.
Se il lavoratore viene licenziato per motivi giustificati, per cause che fanno riferimento alla crisi economica dell’azienda o perché vengono meno determinate mansioni, ha diritto alla disoccupazione NASPI qualora dimostri di avere tutti i requisiti per farne domanda.
Se invece il licenziamento viene impugnato e si ricorre alle vie legali, spetta al giudice riconoscere all’azienda se sussiste o meno un motivo valido che ha portato il licenziamento. Se il giudice non riconosce un motivo oggettivo valido che ha portato al licenziamento, nel caso in cui, per esempio, il datore di lavoro ha occultato in vario modo i reali motivi che hanno portato al licenziamento, è possibile che il datore di lavoro venga condannato al risarcimento dell’indennità che non prevede i contributi.
Al lavoratore, in questo caso, spetterebbe un’indennità pari a due mensilità per ogni anno di lavoro prestato, considerato un minimo di 4 mesi e un massimo di 24.
Se l’impresa è composta da meno di 15 dipendenti, l’indennità oscilla da un minimo di 2 a un massimo di sei mesi ed è pari a una mensilità.
Reintegrazione sul posto di lavoro e risarcimento al lavoratore
Qualora il lavoratore dichiari di essere stato licenziato per cause ingiuste, per discriminazione e per violazione di qualsiasi altro diritto sancito dalla Costituzione, e decida di procedere per vie legali, è possibile richiedere il reintegro sul posto di lavoro, fermo restando che, a causa vinta, al lavoratore spetterebbe un risarcimento.
Il risarcimento è sancito con il pagamento di una cifra minima pari a 5 mesi di stipendio, che si calcola partendo dall’ultima retribuzione, a partire dal giorno del licenziamento, fino al giorno del reintegro, a cui andranno ovviamente aggiunti i contributi.
Indennità per licenziamento per giusta causa
Si parla di licenziamento per giusta causa quando il lavoratore ha tenuto gravi comportamenti che hanno leso l’azienda o procurato danni alla sua immagine. In questo caso ci sono tutti i presupposti per far cessare il rapporto di lavoro. Se non sussistono questi fattori, si parla di licenziamento per motivo soggettivo giustificato. Cosa fare, quindi, se il Giudice stabilisce che il motivo per il licenziamento per giusta causa non è da considerarsi grave?
In questa eventualità il Giudice dichiara ufficialmente estinto il contratto di lavoro e il datore di lavoro sarà condannato a risarcire il dipendente con un’indennità che però non prevede il versamento dei contributi della previdenza e assistenziali.
Due stipendi per ogni anno di lavoro prestato è quanto spetta al lavoratore, ma se invece il Giudice ritiene illegittimo il licenziamento, entra il gioco per il lavoratore la possibilità di scegliere tra la ricezione dell’indennità per un periodo pari a 15 mensilità o il reintegro sul posto di lavoro. Il datore di lavoro, invece, sarà condannato a pagare gli stipendi che, al momento del licenziamento, spettano al lavoratore fino alla data dell’effettiva reintegrazione, a cui si dovranno aggiungere i contributi previdenziali per un periodo che non deve superare i 12 mesi.
L’indennità che spetta ai lavoratori che lavorano in un’azienda che ha meno di 15 dipendenti si gestiscono invece in modo diverso. In caso di licenziamento illegittimo al lavoratore può spettare un’indennità non superiore a un periodo pari a sei mesi. Se il licenziamento ha radici discriminatorie, o è stato comunicato esclusivamente in forma orale, è prevista la reintegrazione sul posto di lavoro.
Licenziamento per ingiusta causa e mobbing
Purtroppo, nel mondo del lavoro, il licenziamento per causa ingiusta e il mobbing possono essere due componenti che vanno di pari passo. Sul mobbing non esiste una legge, ma solo una disposizione che obbliga il datore di lavoro a tutelare i suoi dipendenti e preservare la loro dignità sociale e umana. Gli obblighi del datore di lavoro sono sanciti dall’articolo 2087 che permette di fare leva sui comportamenti scorretti qualora il datore di lavoro si dimostrasse scorretto e vessatorio.
Per questo motivo, e anche se non esiste una legge specifica in merito, è dovere del lavoratore esporre all’avvocato se, quando e in che modo si sono verificati casi di mobbing sul posto di lavoro per elaborare una strategia difensiva a tutela del lavoratore e dei suoi diritti.
Cosa fare in caso di licenziamento collettivo
Anche il licenziamento collettivo è un’eventualità che può verificarsi all’interno di un’azienda. Questa eventualità si verifica, per esempio, quando un’azienda, per motivi strettamente economici decide di optare per una riduzione del personale, anche se ogni caso va valutato singolarmente e studiato secondo le leggi e l’ordinamento giuridico.
In questo caso, se il giudice ritiene che il licenziamento è illegittimo, il lavoratore è tenuto a ricevere un’indennità che può oscillare dai 4 ai 24 mesi. Se invece il licenziamento collettivo è stato comunicato in forma orale, anche in questo caso il lavoratore ha diritto a essere reintegrato sul posto di lavoro.