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Caratteristiche fisiche dell’antimonio

L’antimonio cristallizza nel sistema trigonale. Ha una durezza di 3 ed una densità di circa 6700 kg/m3. L’antimonio si presenta abbastanza simile ad un metallo anche se si comporta diversamente da esso sotto il profilo fisico e chimico. La sua forma più semplice, quella che mostra un solido bianco-argenteo con riflessi vicini all’azzurro, si caratterizza per avere una conducibilità sia termica che elettrica abbastanza bassa. La sublimazione avviene a condizioni di temperatura basse.
L’antimonio viene spesso individuato insieme ad alcuni metalli piuttosto pesanti come il rame, il piombo e l’argento. La lucentezza dell’antimonio è metallica mentre la sfaldatura è perfetta. Lo striscio mostra una polvere grigia, la frattura non è regolare. Se posto a contatto con acidi ossidanti e con gli alogeni l’antimonio reagisce. Le leghe dell’antimonio mostrano un’espansione per raffreddamento.
In natura l’antimonio si presenta soprattutto sotto forma di masse granulari ma anche di incrostazioni e di noduli raggianti.

Genesi e giacimenti di antimonio

Se guardiamo all’origine dell’antimonio possiamo dire che questo minerale deriva da un ambiente idrotermale. L’antimonio si è originato per via della solidificazione dei fluidi residui dopo che pegmatiti e graniti sono andati incontro al processo di cristallizzazione. Esso è situato nei filoni idrotermali insieme ai solfoarseniuri e solfoantimoniuri.
Se, invece, vogliamo guardare alla posizione dei giacimenti di antimonio, essi si trovano prevalentemente in Svezia ed in Germania ma anche in Portogallo, nello stato della California ed in Canada. Giacimenti di antimonio sono stati individuati anche in Italia, in particolare nelle miniere di San Bartolomeo Val Cavargna (provincia di Lecco) e di Su Suergiu (Cagliari).

Storia dell’antimonio

L’antimonio è un minerale dalla storia piuttosto lunga, se si considera che è conosciuto sin dall’antichità. In particolare, si utilizzava la stibnite, ovvero il solfuro di antimonio, in ambito medico oppure come trucco per gli occhi. I primi reperti di antimonio risalgono già al IV millennio a.C. Il primo a dare un nome a questo minerale è stato Plinio Il Vecchio che lo chiamò stibium mentre solo in seguito si diffuse il termine antimonium.
Per quanto riguarda l’origine del termine regna ancora l’incertezza. C’è chi dice che il nome antimonio derivi dalle parole greche anti e monos che significano “contrario alla solitudine” e che si riferiscono al fatto che in passato era opinione diffusa che l’antimonio non fosse presente come elemento nativo.
C’è, però, anche chi sostiene che l’origine del termine antimonio sia araba e che derivi dalla parola antos Ammon che sta per “fiore di Ammon”. Intorno alla metà del quattrocento nacquero i primi studi relativi all’antimonio, grazie soprattutto all’opera di Johan Tholden.

Usi dell’antimonio

L’antimonio veniva impiegato per curare la schistosomiasi, che altro non è che una parassitosi che si origina a causa di Platelminti che appartengono al genere Schistosoma. L’antimonio si lega agli atomi di zolfo. Dosi nemmeno troppo elevate di antimonio si rivelano in grado di eliminare il parassita e non causano danni al paziente.
L’antimonio trova impiego anche nella produzione delle vernici, degli smalti, delle ceramiche e delle gomme. Viene usato come agente antifiamma e nella produzione di diverse leghe metalliche. Nel settore industriale, l’antimonio è utilizzato nell’ambito dei semiconduttori per produrre diodi, sensori infrarossi e dispositivi che basano il loro funzionamento sul cosiddetto effetto Hall.
L’antimonio serve, inoltre, per produrre fiammiferi, proiettili traccianti, tubature, guaine per cavi, farmaci emetici. Per quanto concerne la destinazione commerciale l’antimonio si trova soprattutto sotto forma di polvere, cristalli e lingotti.
Bisogna fare molta attenzione all’antimonio perché questo minerale, insieme ad alcuni dei suoi composti, è ritenuto tossico. Sotto il profilo medico si può andare incontro ad avvelenamento da antimonio che non è molto diverso dall’avvelenamento da arsenico. Dosi minori possono comportare mal di testa e stati confusionali o depressivi. Con dosi maggiori c’è il rischio di incorrere in vomito e addirittura di morire nel giro di pochi giorni.

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Milena Talento29 Settembre 2023

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