Cos’e il DDI?
Prima di affrontare l’argomento e i possibili rimedi, cerchiamo di capire come si sviluppa il DDI. Come già anticipato, esso si caratterizza per la presenza all’interno di un solo individuo di diverse identità che si alternano fra loro, senza che il soggetto ne abbia consapevolezza o ricordo. In sintesi chi è affetto da questo disturbo di identità non sa assolutamente di esprimere diverse personalità; il soggetto dissocia la mente dalle altre identità che assume e quindi non ne ha memoria di nessuna.
In psichiatria si sono avuti casi di persone che hanno manifestato fino ad 8/10 personalità differenti!
L’analisi del DDI mette quindi in discussione tutte le teorie sulla Personalità Unica in quanto è talmente difficile delineare il confine fra le varie personalità che spesso un comportamento diverso, messo in atto da un soggetto, può essere del tutto inusuale ma anche appartenere alla patrimonio comportamentale dello stesso. Come fare quindi a capire se un soggetto è affetto da DDI?
E come curare il disturbo dissociativo d’identità?
Per prima cosa, bisogna analizzare i sintomi che spesso vengono confusi con i normali disturbi neurologici, quali ansia, depressione, tachicardia, ma anche disfunzioni sessuali, disturbi dell’alimentazione, forte stress. Molto più specifici del disturbo dissociativo d’identità sono i sintomi quali cefalea, perdita di memoria , depersonalizzazione e derealizzazione. Quest’ultimi sono tipici del DDI e precisamente consistono nel provare una sensazione di estraneazione dal proprio sè (il primo) e nel percepire l’ambiente circostante e le persone come irreali (il secondo); solitamente questi sintomi vengono diagnosticati insieme.
La letteratura psichiatrica ci riferisce che la natura di questo disturbo è l’interazione fra uno stress intenso e un evento traumatico normalmente legato all’infanzia; non a caso molti pazienti affetti da DDI riferiscono di aver subito abusi o maltrattamenti infantili. L’identità si frammenta per sopportare ciò che la nostra reale personalità non è in grado di fare. E da questa frammentazione possono nascere diverse identità, ognuna con un differente modo di essere e di percepire ed affrontare la vita.
Diagnosi e cura del DDI
Come curare il disturbo dissociativo di identità? Per prima cosa è necessario una accurata diagnosi, ovvero una valutazione medica e psichiatrica in grado di riconoscerne i sintomi. Bisogna necessariamente rivolgersi ad uno psichiatra che attraverso una lunga intervista potrà valutare il disturbo dissociativo, in alcuni casi potrà anche chiedere al paziente di annotare certi comportamenti su un diario, tra una seduta e l’altra, per valutare i diversi stati della personalità.
Una volta individuato il disturbo, la terapia varia a seconda della gravità del problema. Infatti i pazienti possono essere suddivisi in tre gruppi: lievi, gravi e molto gravi. I primi sicuramente presentano sintomi dissociativi legati ad un evento post-traumatico e che possono guarire con una terapia specifica ed in tempo breve. I secondi invece sono quei pazienti che oltre ai sintomi del DDI presentano anche sintomi legati ad altre patologie psichiatriche e che quindi necessitano di tempi di guarigione più lunghi. Infine i pazienti appartenenti alla terza categoria sono quelli considerati molto gravi perchè oltre a presentare i sintomi del disturbo dissociativo d’identità e altri sintomi psichiatrici, restano strettamente legati alle persone da cui avrebbero subito l’abuso o ricevuto un trauma.
Normalmente per poter curare il disturbo dissociativo di identità è necessario un tempo che varia dai 3 al 6 anni di psicoterapia con sedute fino a due volte a settimana. Inizialmente il professionista lavorerà sulla possibilità di conferire forza e stabilità al paziente per poi affrontare in un secondo momento la fase più difficile ovvero l’elaborazione dell’evento traumatico. Solo una volta analizzata la personalità e le restanti dissociazioni, si può entrare nella terza fase della psicoterapia dove si cercherà di ricollegare i sé del paziente. Tuttavia, una volta terminata quest’ultima fase e quindi ristabilito l’equilibrio, il paziente non sospenderà del tutto le sedute ma si rivolgerà sempre allo psichiatra per aiutarlo ad affrontare eventuali problemi psicologici.