Il morbillo è una delle malattie esantematiche che colpiscono i bambini nei primi anni di vita. A causarla è un virus che si trasmette per via aerea e rende facilissimo il contagio soprattutto nelle scuole, dove i bambini sono a stretto contatto gli uni con gli altri. Il vaccino per il morbillo si somministra in due fasi, per assicurare una completa protezione dal virus.
Cos’è il morbillo
Il morbillo viene trasmesso con la bocca: respiri, starnuti, scambio di ciuccio o di oggetti messi in bocca sono tutti fattori di rischio. La malattia si annuncia con delle bollicine rosse che iniziano a comparire sul viso per poi estendersi a tutto il corpo, capelli e area genitale compresi. Poi arrivano, in misura variabile da bambino a bambino, la tosse, la febbre e in alcuni casi l’otite. Nei posti in cui i bambini stanno insieme, come la scuola, le palestre, le festicciole, il contagio sarebbe potenzialmente all’ordine del giorno senza il vaccino, considerata la tendenza dei bambini a scambiarsi le cose e a portarle alla bocca, specialmente se molto piccoli.
Quando fare il vaccino contro il morbillo
Il vaccino contro il morbillo fa parte di quello trivalente, in cui è somministrato insieme ai vaccini per la parotite e la rosolia. I bambini vengono sottoposti al vaccino trivalente dopo il compimento del primo anno e poi, per un secondo richiamo, intorno ai 6 anni. Il vaccino contro il morbillo garantisce una copertura a vita, per così dire, e non presenta significativi effetti collaterali. La reazione tipica è a livello locale, intorno al punto in cui viene fatta la puntura: l’arrossamento e il gonfiore rientrano nella norma, associati a possibile dolore sempre localizzato nell’area dell’iniezione. Rientra nella norma anche la febbre che compare dopo 5-7 giorni, soprattutto per la prima somministrazione nei bambini di 1 anno, che non hanno un sistema immunitario forte. Generalmente la situazione si normalizza entro le 48 ore successive alla comparsa dell’alterazione febbrile.
Cosa fare in caso di reazione al vaccino
Per la cura della reazione locale, bastano dei semplici impacchi con acqua fredda o ghiaccio se la zona è molto gonfia. Per la cura della febbre, invece, si può utilizzare il paracetamolo, come per le febbri ordinarie, e attenersi alle norme del buon senso che sempre vanno adottate in caso di stato febbrile: far bere molto il bambino; tenerlo fresco, senza ricoprirlo di strati di vestiti; ricorrere alle classiche pezzuole bagnate sulla fronte e sui polsi. Se dopo 48 ore la febbre non passa, bisogna consultare il pediatra.
In alcuni casi si può verificare un’eruzione cutanea più ampia, con la comparsa di bollicine che ricordano quelle tipiche della malattia. Anche in queste circostanze, i sintomi rientrano spontaneamente e senza particolari problemi.
Quali sono i sintomi del morbillo?
Il sintomo più noto del morbillo è l’eruzione cutanea, ossia le bollicine piccole, rosse e fitte che possono comparire su tutto il corpo del bambino. Alle bolle si associano, in misura variabile da soggetto a soggetto, la febbre alta, la tosse e, in casi ridotti, la congiuntivite. Generalmente sfogo cutaneo e febbre non risparmiano nessuno. Il vaccino contro il morbillo fa parte del trivalente, non esiste in forma singola, perché in questo modo con una sola iniezione si sottopongono al bambino i ceppi di tre malattie importanti. Secondo numerosi studi, il bambino vaccinato sviluppa gli anticorpi protettivi a poco più di una settimana di distanza dalla somministrazione, il che va a sostegno dell’utilità di sottoporre i bambini alla vaccinazione. Il richiamo si rivela a sua volta necessario perché la protezione potrebbe ridursi nel corso degli anni ed è bene sostanziarla.
Copertura del vaccino
Il vaccino contro il morbillo viene somministrato con finalità profilattica, per creare nei soggetti una barriera immunitaria che non solo eviti loro di ammalarsi, ma impedisca anche la diffusione del virus. Secondo i dati del Ministero della Salute, il vaccino funziona nel 99% dei casi, il che significa che quasi tutti i bimbi vaccinati non corrono il rischio di contrarre la malattia. Al rimanente 1% sono associati casi variabili, nel senso che il virus può essere contratto in forma lieve, attenuata grazie al vaccino, e solo raramente in forma piena. La copertura offerta dal vaccino è valida a vita, soprattutto se viene fatto anche il secondo richiamo, in modo da potenziarne gli effetti.
La rosolia è una malattia virale che si attacca per via aerea, con i classici colpi di tosse e starnuti. I sintomi sono lievi e si risolvono in breve tempo, ma la vaccinazione è fondamentale soprattutto per le femmine, per evitare complicanze in età adulta, al momento di avere figli.
I sintomi della rosolia
La rosolia si presenta con raffreddore e mal di gola accompagnati da una leggera febbre che in genere non supera i 38 gradi. Questi i sintomi comuni, ma in alcuni casi possono presentarsene anche degli altri, variabili da soggetto a soggetto per intensità:
-rush cutaneo. Possono comparire delle minuscole bollicine sul viso e poi, in progressione, sul resto del corpo
-emicrania
-rigonfiamento dei linfonodi dietro le orecchie e il collo. Un rigonfiamento moderato che si riassorbe nel giro di pochi giorni
-occhi rossi con tendenza alla lacrimazione
-dolori alle articolazioni
Tutti i sintomi tendono a risolversi in un arco di tempo breve: per la febbre siamo nell’ordine dei 2-3 giorni, per gli altri fino a 5-7 giorni. Va comunque evidenziato che in buona parte dei casi molti dei sintomi non si presentano, solo la febbre e le bollicine sembrano essere costanti.
Il vaccino contro la rosolia
Il vaccino per la rosolia fa parte del trivalente che si somministra ai bambini al compimento del primo anno di vita, associato a quelli contro parotite e morbillo. Come funziona? Si iniettano nell’organismo dei virus della rosolia (e delle altre patologie) modificati in laboratorio in modo che non siano pericolosi, per sollecitare l’attivazione delle difese immunitarie. Oltre ai bambini, dovrebbero vaccinarsi le donne in età fertile che non abbiano contratto la malattia.
La somministrazione del vaccino avviene in 2 fasi: la prima tra i 12 e i 15 mesi di vita del bambino, e la seconda intorno ai 6 anni. Il richiamo è importante per sostanziare la prima dose, la cui validità può venir meno nel corso del tempo. Il vaccino contro la rosolia assicura una copertura pari al 100% vita natural durante.
Effetti collaterali del vaccino
Gli effetti collaterali del vaccino contro la rosolia sono di lieve entità:
-febbre lieve
-rush cutaneo simile a quello della malattia
-leggero gonfiore nel punto in cui viene fatta l’iniezione
-moderato ingrossamento dei linfonodi
Questi effetti collaterali non si presentano necessariamente, variano da bambino a bambino, e compaiono in media una settimana dopo il vaccino, per rientrare nel giro di 2-3 giorni.
In occasione della seconda somministrazione è più difficile che ci siano effetti collaterali, perché il bambino è già in parte protetto e ha un sistema immunitario più forte.
Come curare gli effetti collaterali del vaccino
I rimedi per gli effetti collaterali del vaccino si riducono essenzialmente al paracetamolo e a una crema decongestionante se la zona della puntura si gonfia molto. Per la febbre si può ricorrere anche alle classiche spugnature ed è bene far bere molto il bambino. In genere comunque i sintomi passano velocemente e non è necessario ricorrere a chissà quali rimedi. Nel caso invece in cui i sintomi si protraggano oltre le 48 ore, soprattutto con febbre particolarmente alta, bisogna consultare il pediatra.
Rosolia e gravidanza
La rosolia è estremamente pericolosa durante la gravidanza. Il feto, infatti, può essere danneggiato in modo grave se la malattia viene contratta nei primi di 3 mesi di gestazione e le complicanze sono irreversibili. Il bambino può infatti nascere sordo, con ritardo mentale, con patologie del cuore e del fegato, con problemi agli occhi che spaziano dalla cataratta ad infezioni varie. La vaccinazione della future donne quando sono ancora poco più che lattanti è l’unica arma di prevenzione sicura contro la rosolia; diversamente, non appena incinta la donna dovrà sottoporsi al rubeo test e, se risulta che non è stata vaccinata e non ha contratto la malattia, dovrà mettere in conto che, nel caso la contragga entro i primi 3 mesi, potrebbe incorrere nell’aborto spontaneo o nella nascita di un figlio affetto dalla rosolia congenita, con tutti i problemi di cui sopra (nell’80-85% dei casi).
Il meningococco è’ un tipo di batterio che si annida nelle alte vie respiratorie e, una volta lì, può rimanere silente oppure no. Dal momento che la meningite da meningococco è fra le più temute perché può avere conseguenze molto gravi, diventa allora importante la vaccinazione, soprattutto per i bambini.
Cos’è la meningite da meningococco
La meningite è una infiammazione che colpisce 2 aree importantissime del corpo umano: il cervello e appunto le meningi, ossia le membrane che rivestono il midollo spinale. La malattia può avere una matrice virale o batterica, decisamente diverse tra loro per l’entità dei sintomi. La meningite virale è infatti più frequente della batterica e molto meno nociva, perché non coinvolge il sistema nervoso centrale e si risolve con cure mirate nell’arco di 10-15 giorni.
Il meningococco non provoca alcun disturbo nel caso dei portatori sani, ma rimane comunque latente e può essere trasmesso agli altri, anche se la persona in questione non si ammalerà mai. Per quanto riguarda invece i destinatari del batterio, può accadere che per qualcuno il meningococco si trasformi in meningite. La meningite da meningococco si trasmette con il classico colpo di tosse e in generale con gli scambi di respiri e saliva, ad esempio bevendo dallo stesso bicchiere o mettendo in bocca gli stessi oggetti, cosa che i bambini fanno spesso. Fortunatamente il meningococco ha vita breve fuori dall’organismo, per cui non si trasmette come il raffreddore, che ha un raggio d’azione più ampio. I ‘colpevoli’ sono i portatori sani, quelli che non sviluppano la meningite ma hanno il batterio nelle loro vie respiratorie e semplicemente tossendo possono diffonderlo. I sintomi della meningite da meningococco sono la febbre e il mal di testa in primis, seguiti dalla rigidità del collo e dal fastidio rispetto alla luce, e poi da disturbi intestinali quali nausea e vomito.
Per la cura della meningite batterica si ricorre alla terapia antibiotica, ma la profilassi è fondamentale.
Le reazioni della meningite da meningococco
Il vaccino antimeningococco può causare delle reazioni di tipo locale che nella maggior parte dei casi scompaiono nel giro di 48 ore. Le reazioni ‘classiche’ sono l’arrossamento e il gonfiore intorno all’area in cui è stato iniettato il vaccino: un piccolo pomfo o una chiazza rossa non devono preoccupare, a meno che non si protraggano oltre i 2 giorni; in questo caso potrebbero richiedere un trattamento specifico per far assorbire il gonfiore. Trattamento che deve essere indicato rigorosamente dal pediatra, soprattutto in occasione della prima dose, che riguarda i bambini molto piccoli. Per la cura dei sintomi ‘normali’, si può ricorrere al paracetamolo e agli impacchi di ghiaccio per la zona dolorante.
I vaccini contro il meningococco
I vaccini contro il meningocco che vengono attualmente effettuati sono sostanzialmente di 3 tipi:
-Anti-haemophilus di tipo B. L’HIB fa parte del vaccino esavalente che si somministra quando il bambino compie 3 mesi e prevede 2 richiami successivi.
-Anti-meningococco C. Il MenC non è obbligatorio ma raccomandato, e viene fatto dopo il compimento del 13° mese di vita del bambino.
-Anti-pneumococco. Anche il PCV non è obbligatorio ma raccomandato ed è somministrato intorno ai 3 mesi, dopo il vaccino esavalente.
Nuovi vaccini per il meningococco
Recentemente è stato messo a punto anche il vaccino contro il meningococco di tipo B, l’unico ceppo finora rimasto scoperto. Il vaccino è stato approvato dall’Agenzia Europea dei Medicinali e la Commissione Europea ha dato l’ok per la commercializzazione del farmaco, per cui adesso si attende che il Sistema Sanitario Nazionale e l’Agenzia italiana del farmaco facciano la loro parte. Il vaccino contro il meningococco B potrà essere somministrato ai bambini intorno al terzo mese di età, mettendoli così al riparo da questo pericoloso ceppo della malattia. L’auspicio è che questo vaccino venga inserito nel quadro delle vaccinazioni gratuite, considerata la sua importanza.
La vaccinazione contro l’epatite B è compresa nel vaccino esavalente che viene somministrato ai bambini entro il primo anno di vita, ma esiste anche un vaccino combinato efficace sia contro l’epatite B che contro la A, utile in casi particolari e in chi risulta suscettibile a tutti e due i virus.
La vaccinazione contro l’epatite A
L’epatite A è una patologia endemica a carico del fegato, il che significa che è sempre presente nel territorio. La trasmissione avviene attraverso il contatto con il sangue, con i fluidi corporei e con alimenti contaminati. Dal momento che il virus viene eliminato dal corpo mediante le feci, i bambini portatori sono dei potenziali ‘untori’ e la vaccinazione diventa fondamentale, anche perché nei bambini la malattia è di solito asintomatica. Quali sono i sintomi dell’epatite A? Il primo sintomo è l’ittero, seguito da febbre, dolori articolari e disturbi intestinali come nausea, vomito e inappetenza.
La vaccinazione preventiva è l’unico modo per evitare di contrarre la malattia e viene fatta dopo il compimento del primo anno di età in 2 volte: alla prima segue un richiamo dopo circa 6 mesi, così da assicurare la copertura totale contro il virus. La vaccinazione contro l’epatite A è sconsigliata unicamente ai bambini allergici a qualche componente del vaccino, e ai bambini che nel corso delle precedenti vaccinazioni abbiano avuto delle reazioni allergiche significative. L’efficacia del vaccino contro l’epatite A è stimata intorno al 95%, a condizione che si effettui anche il secondo richiamo alla distanza stabilita dal primo, quindi non oltre i 6 mesi rispetto alla prima dose.
Gli effetti collaterali del vaccino contro l’epatite A possono essere di 2 tipi: in primis dolore nel punto in cui viene iniettato il vaccino; a seguire altri disturbi localizzati come il mal di testa o lo scarso appetito. In tutti i casi si tratta di disturbi di lieve entità che guariscono al massimo entro 2 giorni.
La vaccinazione contro l’epatite B
L’epatite B è una patologia virale che colpisce il fegato e si trasmette tramite il sangue e i fluidi del corpo, per cui una madre con l’epatite B ha grandi probabilità di contagiare il feto. Dopo il contagio, il virus rimane nel corpo anche se nella maggior parte dei casi i suoi sintomi non si vedono. Il problema è che, come tutte le malattie che rimangono latenti, prima o poi il virus può saltar fuori ed esporre il soggetto a patologie gravi come forme tumorali ed epatite cronica. Proprio per questo, per il fatto che le persone colpite da epatite B possono sviluppare gravi problemi, la vaccinazione è obbligatoria.
Quali sono i sintomi dell’epatite B? Per prima cosa la pelle la pelle e gli occhi assumono un colore giallognolo, il che è peraltro tra i segni tipici dell’epatite B. A seguire, non tutti insieme e non contemporaneamente, possono arrivare l’ittero e vari disturbi a carico del fegato, soprattutto nausea e inappetenza.
Nel vaccino c’è un antigene del virus riprodotto in laboratorio e integrato poi nel vaccino esavalente che viene somministrato ai bambini in tre fasi nel corso del primo anno di vita. La vaccinazione per l’epatite B è obbligatoria per i bambini, in particolare per quelli con la madre portatrice della malattia, così da stimolare il sistema immunitario. L’unico divieto è per i bambini allergici a componenti specifiche del vaccino anti epatite B, e inoltre il vaccino va rimandato se il bambino ha la febbre alta.
L’efficacia del vaccino contro l’epatite B è stimata intorno al 95% e la protezione è attiva vita natural durante, tanto che anche se il vaccino esavalente viene poi richiamato intorno ai 6 anni, il ceppo dell’epatite B non viene incluso nel richiamo, perché è sufficiente la prima dose.
Per quanto riguarda gli effetti collaterali del vaccino contro l’epatite B, non si va oltre la febbre e una moderata reazione locale nel punto in cui viene iniettato il vaccino. Tachipirina e impacchi di ghiaccio sono di solito sufficienti a farli sparire nel giro di 48 ore; se così non fosse, è il caso di consultare il medico.